I protesti costituiscono debiti scaduti e non pagati

I protesti costituiscono debiti scaduti e non pagati

"Giova precisare che i suindicati titoli protestati vanno considerati debiti scaduti e non pagati rilevanti per il superamento della soglia innanzi indicata in quanto la società debitrice non ha allegato né comprovato il relativo pagamento, ancorché il Tribunale nella sentenza impugnata abbia fatto espresso riferimento ai protesti in questione"

Corte d’Appello di Salerno, Sezione I Civile, sentenza n. 1171/2018 pubblicata in data 24 luglio 2018

La pronuncia in esame riguarda un procedimento per reclamo, promosso da Liquidatore di società, nei confronti della sentenza che ne aveva dichiarato il fallimento.

Eccepiva, in primo luogo, la reclamante il difetto di notifica del decreto di fissazione dell’udienza prefallimentare, eseguita ai sensi dell’art. 15 R.D. 267/1942 (Legge Fallimentare).
Sul punto, la Corte ha ribadito che tale norma ha introdotto nella materia fallimentare una disciplina speciale, del tutto distinta da quella che nel codice di rito regola le notificazioni degli atti del processo, così escludendo ipotesi residuali in cui il ricorso per la dichiarazione di fallimento ed il relativo decreto di convocazione debbano essere notificati, ai sensi dell'art. 138 c.p.c. e segg. o dell'art. 145 c.p.c. (a seconda che l'impresa esercitata dal debitore sia individuale o collettiva) nei diretti confronti del titolare della ditta o del legale rappresentante della società debitrice.

Con il secondo motivo, la reclamante contestava il mancato superamento dei parametri dimensionali previsti dall'art. 1 R.D. 267/1942 (Legge Fallimentare).
Anche in questo caso, la Corte ha ritenuto la censura priva di pregio, sulla base del fatto che la società debitrice (srl in liquidazione) non risultava aver depositato i bilanci relativi agli ultimi tre esercizi, così non assolvendo l'onere di provare di essere esente dal fallimento, attraverso la dimostrazione del non superamento congiunto dei parametri dimensionali prescritti dalla norma.

Infine, la reclamante eccepiva che il credito vantato dall’istante non superasse la soglia di fallibilità, prevista dall’art. 15, ultimo comma, R.D. 267/1942 (Legge Fallimentare), pari ad € 30.000,00.
In proposito, la Corte ha ritenuto che l’entità dei protesti emersi durante l’istruttoria prefallimentare – ossia dedotti dall’istante –, laddove il debitore non ne fornisca prova di pagamento, devono computarsi ai fini del raggiungimento del limite di valore al di sotto del quale non si fa luogo alla dichiarazione di fallimento.
La Corte ha, quindi, ribadito l’orientamento giurisprudenziale maggioritario, secondo il quale “ai fini del computo del limite minimo di fallibilità previsto dall'art. 15, comma 9, l. fall., deve aversi riguardo non solo al credito vantato dalla parte istante per la dichiarazione di fallimento, ma anche ai debiti non pagati emersi nel corso dell'istruttoria prefallimentare, pur se risultanti dall'elenco degli assegni protestati, che documentano altrettanti debiti scaduti del cui pagamento spetta al debitore fornire la prova” (Cass. n. 5377/2016).

Sulla base di quanto sopra riportato, la Corte d’Appello di Salerno ha rigettato integralmente il reclamo proposto dal Liquidatore della società fallita, con conseguente condanna alla rifusione delle spese di lite, in favore dell’istante reclamato.

Avv. Simone Rinaldini

A questo link è possibile consultare la versione integrale della sentenza in commento.